Head2Head, i primi problemi

Il calcolo dell’Heas2Head può essere macchinoso e i risultati possono non piacere a tutti, come in tutti i casi in cui si usa una formula più o meno arbitraria per definire una scala di parametri. Tuttavia i risultati ottenuti, almeno per quanto mi riguarda, sono sostanzialmente in linea con le aspettative e con quella che penso sia la realtà: ovviamente c’è sempre qualcosa da limare e ci sono casi (che fortunatamente sembrano abbastanza isolati) in cui ci sono deviazioni sostanziali dalla realtà, ma nel complesso il sistema funziona abbastanza bene.

Tutto questo finchè si prende in esame la F1 “moderna”.

Provando ad applicare il sistema alla prima stagione della storia, il 1950 sono inziati subito i problemi. In quegli anni non era infrewquente, anxi era la norma, avere una squadra composta non da due piloti, ma da tre, quattro, a vole uno, a volte nessuno, con piloti che si alternano gara dopo gara e con squadre che variano il numero di iscritti ad ogni gara: in questi casi calcolare l’Head2Head che nasce come metodo di confronto tra due piloti di una squadra è assai arduo.

Innanzitutto perchè la squadre come si intendono oggi non esistevano. C’erano delle marche, come Ferrari, Maserati, Alfa Romeo, Talbot, e sicuramente c’erano dei team primavi che “acquistavano” le auto per farci correre il o i propri piloti, ma talvolta usavano modelli più vecchi e a volte anche all’interno di una stessa squadra piloti diversi avevano modelli diversi.

Il primo problema è stato quindi procedurale: tenere presente i team per la definizione dell’ipotetico Jead2Head o tenere in considerazione le marche?

Optando per la prima scelta il lavoro sarebbe forse più pulito, anche se ancora molto complicato per via del numero variabile di piloti, ma si incorrerebbe in alcune difficoltà: la prima è quella rappresentata dalla natura stessa dei team che, pur diversi, spessissimo condividevano le stesse auto (inoltre erano consentiti gli scambi di piloti in gara, quindi succedeva a volte che un team prestasse un pilota ad un altro team), quindi non avrebbe senso considerare ad esempio due piloti di un team separati da due di un altro se la macchina che usano tutti e quattro è la stessa.

Scegliendo la seconda opzione si rischiano di mettere a confronto piloti con telai diversi, alcuni più nuovi e alcuni più vecchi, rischiando di snaturare il confronto tra piloti.

Tuttavia dato che specie a quei tempi un modello o un altro faceva sicuramente meno la differenza rispetto al “manico” del pilota ho preferito seguire questa seconda strada, riservandomi di confrontare a parte piloti con auto realmente diverse (ad esempio stesso telaio ma motore diverso).

Risolto questo problema se ne sono aggiunti altri: la quantità di piloti. Fermandoci sempre al 1950 quando ho dovuto fare i calcoli per i piloti Talbot sono quasi svenuto: piloti diversi ad ogni gara, gare con un pilota e gare con 6 e tanta di quella gente da confrontare che vengono le vertigini. Non è stato tanto il numero di piloti, quanto il fatto che per ogni pilota che si aggiunge aumenta in modo più che proporzionale il numero di calcoli da fare.

In una squadra semplice di due piloti infatti per il calcolo dell’H2H basta una sola riga di calcoli. Se i piloti sono tre (che chiameremo A, B e C) dovremmo fare H2H per A contro B, per B contro C e per A contro C. Se sono quattro piloti dovremmo fare A-B, A-C, A-D, B-C, B-D, C-D. Pensate alle gare della Talbot del ’51 quando ci sono stati anche 7 piloti tutti insieme, servono 18 H2H differenti.

Altro inconveniente nel calcolare i singoli H2H è quello di avere coppie di piloti che si scontrano abbastanza di frequente e coppie che non spessissimo si incrociano o che si sfidano una sola volta: occorre quindi fare tutte le coppie per i piloti coinvolti e indicare per ogni coppia quante volte si è sfidata, quindi calcolare H2H relativamente alle prestazioni di quelle gare solamente.

Se i problemi non fossero già troppi adesso arriva il bello. Dopo sudore e quintali di calcoli siamo arrivati a definire i vari H2H per le coppie. Adesso, come facciamo a capire quanto vale il valore di H2H per ogni pilota?

La risposta più semplice sarebbe quella di sommare i singoli H2H. Più semplice molte volte significa più sbagliato ed è questo il caso. Volete un esempio? Eccolo: il calcolo dell’H2H per i piloti (fortunatamente pochi) dell’Alfa Romeo del 1950

Luigi FAGIOLI1,038
Juan Manuel FANGIO3,604
Luigi FAGIOLI0,549
Giuseppe FARINA3,731
Juan Manuel FANGIO3,648
Giuseppe FARINA2,041
Luigi FAGIOLI0,272
Consalvo SANESI-0,221
Luigi FAGIOLI0,272
Piero TARUFFI-0,221
Giuseppe FARINA0,501
Consalvo SANESI-0,395
Giuseppe FARINA0,501
Piero TARUFFI-0,395
Juan Manuel FANGIO0,183
Consalvo SANESI-0,138
Juan Manuel FANGIO0,183
Piero TARUFFI-0,138
Consalvo SANESI0,000
Piero TARUFFI0,000
Juan Manuel FANGIO-0,198
Reg PARNELL0,248
Giuseppe FARINA0,510
Reg PARNELL-0,306
Luigi FAGIOLI0,081
Reg PARNELL0,024

Limitandoci alle pure somme avremmo questa classifica:

Luigi FAGIOLI2,211
Juan Manuel FANGIO7,420
Giuseppe FARINA7,285
Piero TARUFFI-0,753
Consalvo SANESI-0,753
Reg PARNELL-0,035

L’unica cosa realistica in questi numeri è il loro segno: positivo per Fagioli, Fangio e Farina, begativo per Sanesi e Taruffi. Tutto il resto è sbagliato. Nonostante la vittoria del campionato per Farina e le ottime prestazioni di Fangio, i numeri trovati sono decisamente troppo alti. Avere un H2H maggiore di 6 significa dominare il campionato in lungo e in largo: per fare un esempio Vettel nel 2013 ha totalizzato 7,613 in 19 gare vincendone 13 con 9 pole, 7 giri veloci e 16 podi. Si potrebbe obiettare che, dato che H2H si basa su valori relativi, 10 vittorie su 20 gare equivalgono a 3 vittorie su 6 gare ai fini del calcolo; in tal modo però i numeri per gli anni ’50, con un numero così limitato di gare, sono “più facili” da realizzare e che quindi le 3 vittorie, 4 pole, 4 giri veloci e 3 podi di Fangio in 6 gare siano comparabili ai numeri di Vettel del 2013. Potremmo anche accettare la cosa ma c’è un però.

Il fatto che la somma pura non funzioni è evidente quando si passa al calcolo per i piloti Talbot per i quali sono stati necessari 49 H2H differenti. Louis Rosier è uno dei piloti apparso più di frequente e si è scontrato con moltissimi compagni. Calcolando il suo H2H semplicemente sommando i valori il risultato è un aberrante 10,5. Ok che la Talbot era molto meno competitiva dell’Alfa e che Rosier è comunque riuscito ad andare a podio, ma un punteggio cos’ superiore a quello di Farina e Fangio non ha assolutamente significato; ci si dovrebbe aspettare ragionevolmente un punteggio di massimo 2 o 3, confrontandolo con i dati degli avversari.

Ho tentato quindi una soluzione abbastanza rapida, anche se non indolore: divirere gli H2H trovati con le semplici somme per un coefficiente basato sul numero di avversari: la prima idea è stata quella di calcolare il numero di avversari, ovviamente nella stessa auto, gara per gara e dividere il risultato per il numero di gare in modo da ottenere il numero di avversari medi. L’idea alla base è la seguente: avendo un solo avversario si dovrebbe dividere per 1 (e si tornerebbe al caso limite degli anni recenti in cui i team hanno due piloti), mentre si dovrebbe dividere per numeri maggiori in base al numero di avversari. La cosa più semplice è dividere H2H per questo valore. Il numero medio di avversari di Rosier nell’anno è stato 5 e pertanto il suo nuovo H2H varrebbe circa 2, già più sensato del 10 trovato in precedenza, anche se forse un po’ troppo basso.

I dati così ottenuti sono più aderenti alla realtà ma è ovvio che si debba sorvolare sulla procedura. Facendo un taglio totu-court alla fine del calcolo si perdono le sfumature del confronto gara per gara in base al numero di avversari, con il risultato che non si distingue più se un buon risultato è stato ottenuto contro 1, 2 o più avversari. Sempre il nostro Rosier, che si è scontrato in media con 5 colleghi, in alcune gare ha avuto un solo compagno, mentre in altre addirittura 8: “tagliando” il dato alla fine mettiamo sullo stesso piano le due prestazioni considerandole entrambe come se il pilota avesse corso contro circa 5 avversari.

Rimodulando gli H2H per i piloti Alfa 1950 otteniamo i seguenti risultati:

Luigi FAGIOLI0,885
Juan Manuel FANGIO2,968
Giuseppe FARINA2,914
Piero TARUFFI-0,301
Consalvo SANESI-0,301
Reg PARNELL-0,014

Adesso invece i numeri sono troppo piccoli: una vittoria di campionato, seppur contesa fino all’ultimo con due piloti che hanno bene o male gli stessi risultati non può concludersi 2,9 a 2,9: Hamilton contro Rosberg nel 2016 finì 3,8 a 3,3, quindi un valore circa il 30% superiore.

Si potrebbe considerare il fatto che con molti (moltissimi) avversari, il livello degli stessi non possa essere tutto uguale: gli 8 avversari di Rosier nel GP di Francia 1950 non sono tutti allo stesso livello e ovviamente più sono i competitor più c’è il rischio che ci siano piloti di basso valore. Per questo ho cercato di “smussare questo dato introducendo un paramentro correttivo: in caso di un solo avversario (caso classico) il parametro deve valere 0 e deve crescere al crescere del numero di avversari. L’idea è stata di considerare 0,25 avversari in meno per ogni avversario oltre il primo. La formula è molto semplice e considerato N il numero medio di avversari questo parametro vale (N-1)*0,25 ed è da sottrarre proprio ad N. La formula finale per il numero medio di avversari, fatto qualche semplice calcolo vale quindi

N-[(N-1)*0,25]=N-(0,25N-0,25)=0,75N+0,25

Ricalcolando nuovamente il numero di avversari medi di, ad esempio, Fangio e Rosier, scopriamo che il numero non è più 2,5 e 5, ma rispettivamente 2.125 e 4, quindi il calcolo per il francese vale circa 2,5, mentre per i piloti Alfa vale

Luigi FAGIOLI (N=2,125)1,041
Juan Manuel FANGIO (N=2,125)3,492
Giuseppe FARINA (N=2,125)3,428
Piero TARUFFI (N=3,25)-0,232
Consalvo SANESI (N=3,25)-0,232
Reg PARNELL (N=2,5)-0,014

Il risultato è sufficientemente compatibile con i dati e ragionevolmente comparabile con gli H2H dei tempi recenti che ho preferito, per il momento, non complicare ulteriormente il calcolo. L’H2H è uno strumento ancora da affinare e mi riservo di applicare successive deviazioni solo quando e se sarà necessario.

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